Normative emergenziali e tutela dei diritti fondamentali: Introduzione

Introduzione

La crisi pandemica ha avuto nel nostro Paese delle rilevantissime ripercussioni a livello legislativo.

In conseguenza della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale emanata in data 31.01.2020, si sono infatti succeduti atti normativi di carattere eccezionale, emanati non – come ordinariamente è sempre avvenuto – dal Parlamento, bensì dal Governo.

L’atto prodromico a questa nuova produzione normativa, e cioè la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, è frutto di una evidente forzatura nell’interpretazione della legislazione in vigore: infatti la legge italiana lo prevedeva (e lo prevede) soltanto per le ipotesi di guerra e per le altre previste dal codice della protezione civile (tra le quali non rientrano in maniera chiara ed espressa fattispecie di emergenze epidemiologiche).

A questo atto prodromico, difficilmente contestualizzabile sul piano normativo e costituzionale, sono seguiti una serie di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), che hanno istituito i cosiddetti lockdown e tutte le varie misure emergenziali della prima ora (distanziamento sociale, obbligo di mascherine, procedure di quarantena e di isolamento, ecc.).

I DPCM peraltro, costituendo fonte normativa secondaria (in quanto atti non del potere parlamentare-legislativo, ma dell’esecutivo), nella misura in cui contrastanti con fonti più elevate (costituzione, legge ordinaria, norme europee), sono stati disattesi da numerose pronunce giudiziarie; è infatti in potere di ogni Giudice disapplicare le fonti del diritto secondarie (tra cui i citati DPCM), quando confliggenti con norme di rango primario.

Tra tali pronunce, forse le più importanti sono state Tribunale di Roma 16.12.’20, e Tar Lazio 09.08.’21 (quest’ultima sentenza si spingeva a dichiarare in via generale l’illegittimità dell’obbligo di mascherina a scuola per gli infradodicenni).

In effetti, i DPCM, intervenivano in maniera drastica (e mai prima riscontrata nella storia repubblicana) su diritti fondamentali dei cittadini, quali libertà di movimento, di riunione, di circolazione, il diritto al lavoro, il diritto alla scuola ed allo sport.

Non poteva dunque sfuggire come gli stessi fossero strumenti normativi inadeguati, viste le conseguenze di grave impatto sulla vita quotidiana dei cittadini; conseguenze che avrebbero necessitato dell’autorità e del controllo che solo norme di rango primario, quali la legge ordinaria, possono garantire.

Succede allora che nell’estate 2021 l’Esecutivo adotta un escamotage, ed inizia a procedere diversamente: dai DPCM, si passa così ai Decreti Legge; con i quali (approvati sempre e solo dall’Esecutivo medesimo) si procede, oltre che a confermare le precedenti misure (validando quanto già portato dai DPCM), ad incrementare le restrizioni con nuove misure – quali il green pass e gli obblighi vaccinali – che questa volta arrivano addirittura a toccare posizioni di assoluta inviolabilità del cittadino, quali il diritto dell’autodeterminazione corporale, all’uguaglianza, alla non discriminazione, alla libertà morale.

Lo strumento del Decreto Legge aggira così l’ostacolo costituito da potenziali sentenze disapplicative: infatti lo stesso assume il rango di norma primaria (con la sola condizione di essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni dall’emanazione). Ed il Giudice non può più disapplicarlo, deve soltanto applicarlo; a meno che, su impulso del soggetto che ritiene violati i propri diritti in una concreta fattispecie, non decida di sollevare la questione di costituzionalità: aprendo la lunga, e costosa, fase del procedimento avanti alla Corte Costituzionale.

Dunque, lo strumento del Decreto Legge ha fortemente disincentivato i ricorsi di quei cittadini che ponevano dubbi sulla loro legittimità; per molti i costi del procedimento (con la prospettata parentesi del giudizio di costituzionalità a Roma) diventavano non sostenibili; per altri la durata prospettata della procedura (uno o più anni) rendeva impossibile la riparazione di danni che andavano riparati all’istante (come ad esempio la sospensione dal lavoro, la perdita di una possibilità di tirocinio, per chi non fosse in possesso di green pass, di volta in volta base o rafforzato); per altri ancora entrambe le cose.

A questa grave situazione ha fatto da pendant una propaganda istituzionale monolitica e pressante, idonea a porre in crisi un altro dei diritti fondamentali, tra quelli che più connotano il concetto moderno stesso di democrazia: il diritto alla libera manifestazione del pensiero.

Per molti è sembrato dunque inutile ricorrere a giustizia: nella – probabilmente erronea, ma comprensibile – convinzione di non trovarvi correnti diverse dal pensiero univoco dominante.

Il nostro Studio (insieme a purtroppo non molti altri sparsi lungo tutta la Penisola) è stato, e tuttora è, tra quelli che hanno sottoposto a vaglio critico questa lunga e pesante parentesi normativa, che ha assorbito oltre due – difficilissimi – anni di storia patria.

Abbiamo dunque sollevato davanti a giustizia diverse questioni, di interpretazione, di legittimità a livello del diritto UE, di legittimità costituzionale, sulla cosiddetta normativa emergenziale; questioni che hanno, per lo più, posto sotto la luce dei riflettori il cosiddetto green pass, ed i vari obblighi vaccinali (per il personale sanitario, scolastico, della difesa, nonché per gli ultracinquantenni).

I nostri ricorsi hanno prevalentemente toccato – in ambito lavorativo – casi di indebita sospensione dalla retribuzione o dall’esercizio della professione, disposta a danno di cittadini che hanno liberamente deciso di non sottoporsi all’inoculazione anti covid 19, oppure di non soggiacere all’obbligo di presentazione del green pass per la fruizione del diritto, costituzionalmente garantito, a svolgere la propria attività lavorativa, o di formazione.

Siamo inoltre intervenuti a far cessare varie forme di discriminazione che purtroppo, nel periodo, sono state poste in essere da soggetti, con posizione di responsabilità, spesso troppo zelanti nell’applicare le normative emergenziali persino al di là dei casi e delle fattispecie in esse indicati.

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